prima pagina pagina precedente


MONZESI
Lorenzo Riva
Intervista di Carlo Vittone sul  libro MONZESI - cinquanta personaggi della città


Lorenzo Riva    Nato a Monza nel 1938. Dopo il diploma al celebre Istituto Marangoni, apre il suo primi atelier nel 1958 e inizia a creare abiti da sposa che lo faranno conoscere in tutto il mondo. Per tutti gli anni'70 si dedica alla ricerca collaborando con illustri case di moda e nel 1980 diventa artistico per Balenciaga, dove ha la responsabilità della creazione delle collezioni. Rientrato in Italia, apre due nuovi ateliers e nel 1991 presenta la sua prima collezione di alta moda. Si presenta per la prima volta sul palcoscenico di “Milano Collezioni” con il prêt-à-porter autunno-inverno 1995/96. Da allora continue sfilate che lo affermano in campo nazionale e internazionale. Nel 1997 presenta i suoi vestiti a New York alla “Cristinerose Gallery” a Soho creando una performance meta-artistica con pittori e scultori contemporanei. Nel 1998 sfila a Montecarlo la sua collezione di alta moda a Palazzo Grimaldi. Più recentemente ha creato abiti per due film di Sergio Castelletto e Mario Monicelli. Numerose attrici, da Isabella Rossellini a Jerry Hall a Claudia Gerini, hanno indossato le sue creazioni. Nel 1991, dinanzi al crescente successo, dichiarava : “Io continuo a credere al valore dell'artigianato e, dietro le quinte, a passerelle spente, c'e gente che lavora, ci sono le fabbriche di tessuto, ci sono le mani d'oro di sarte e premières”.

Una vita interamente dedicata alla moda, 40 anni di una moda frutto di passione, di ricerca creativa e di stile. L'importante, per capirlo, è che nell'arco di questa sua lunga carriera non si è lasciato incasellare in uno stereotipo. Nello spettacolo come nel lavoro ha saputo unire sacro e profano, tradizione e modernità, in un incredibile melange che gli sta dando grandi soddisfazioni.

 


E' dappertutto, nelle strade, in TV, nel commercio. Ma perché la “moda” non passa mai di moda?

La moda è determinata da numerosi elementi; cultura, evoluzione dei tempi, cambiamenti radicali nella società. E' quindi normale che esista una moda perché è coesione di numerosi input e specchio del tempo in cui viviamo. La cosa più bella è comunque pensare che un vestito possa non passare mai di moda. Guardare un abito di 10 o 20 anni fa e pensare che possa essere di moda anche oggi è la mia più grande soddisfazione

Chi scoprì che Lorenzo Riva poteva diventare un “signore della moda”?

Mia madre era indossatrice e poi sarta. Scoprii vedendola lavorare la mia inclinazione per un mondo fatto di fantasia e di amore per la bellezza. Fu così che lei mi regalò un manichino sul quale iniziai ad esercitare la mia voglia di creare. La mia vicinanza con le mie sorelle mi aiutò perché feci di loro le mie prime due modelle.

Mi racconta qualche tappa del Suo cammino? Un momento con i colori della speranza?

Potrei raccontare infinite esperienze, ma, se vogliamo parlare di speranze, devo ricordare l'attimo che ha preceduto la mia prima sfilata e poi ogni sfilata, sino all'ultima. Agitazione, battito del cuore accelerato, controllo di tutti i minimi particolari nella speranza che tutto possa andar bene, e per magia si realizza ogni volta un sogno come premio per gli sforzi impiegati.

Ed uno con quelli, accesi, della gioia?

La gioia è data dai pareri della gente. Clienti, giornalisti, amici che apprezzano e parlano bene del mio lavoro. E poi l'uscita finale in passerella, quando vedo le persone che applaudono e sono felici di quello che hanno visto. Esiste poi una gioia privata data dall'affetto di chi ami.

Quello con i colori dell'entusiasmo?

I festeggiamenti avvenuti a Villa Reale per i miei 40 anni di attività. Sono stati per me fonte di entusiasmo. Ritrovare la mia prima cliente è stata per me una vera fonte di entusiasmo. Trovarmi circondato da tanto personaggi venuti da tutto il mondo appositamente per la mia festa è stato il più grande regalo.

Quali sono le “star” del cinema che ha vestito con maggior piacere? E la cliente più simpatica che ricorda?

Ho vestito numerose star del cinema, della televisione e del teatro con immenso piacere. Ricordo Withney Houston, Isabella Rosselini, Valeria Marini, Paola Barale, Claudia Gerini, Veronica Pivetti e moltissime altre. Sono state per me incontri importanti, divertenti e molto significativi. Ho avuto molte soddisfazioni realizzando gli abiti per l'ultimo film di Monicelli “I panni sporchi” e per il film di Sergio Castelletto “Braccia di burro”, vestendo attrici come Chiara Mastroianni, Carmen Maura e Benedetta Mazzini.

Agli inizi era ammirato per l'originalità dei Suoi abiti da sposa. Ora che è celebre per tutta una gamma di creazioni, rimpiange i Suoi primi passi sulla strada del successo o corre avanti, verso il domani, senza guardarsi indietro?

Il cammino di un artista è costituito da numerosi passi, da numerosi tasselli che vanno a comporre quel complicato puzzle di emozioni che è la vita. Non rinnego nulla del mio passato, ne ricordo con piacere ogni momento, ma allo stesso tempo mi guardo avanti, cerco di sperimentare non dimenticando nulla di quello che è stato fatto.

Si sente mai, oltre che uno stilista, anche un attore?

Quando il tuo viso è noto attraverso i giornali e le televisioni è normale essere riconosciuti. Non mi sento attore ma mi sento testimone del tempo, con le mie creazioni, le mie apparizioni e le mie emozioni.

Come nasce una Sua creazione?

Osservando un tessuto, una forma geometrica particolare, una donna elegante, un oggetto particolare, passeggiando per strada, trovandomi solo davanti ad un foglio bianco. La nascita di un'opera è sempre data da forti stimolazioni, da pensieri improvvisi, da leggeri ectoplasmi che devono essere vivificati.

Meglio celebrarla, una Sua creazione, nei musei o in un salotto?

Meglio farla vivere sui corpi delle donne, unica vera vetrina visibile dal “mondo”.

Quando comprende che un Suo lavoro accosta la serenità., apre gli occhi sulla felicità che si prova ad essere ammirati. Ideandolo o vedendolo sfilare indossato da una modella?

La creazione di una abito è il momento iniziale. Vedere poi l'abito indossato da una modella è la concretizzazione della mia idea e del mio lavoro. Sono due momenti unici, magici e indissolubili.

Il suo stile così fastoso e originale va capito, studiato o bisogna lasciarsi andare solamente al suo fascino?

Non bisogna studiare uno stile. Osservando il mio bisogna lasciarsi andare al suo fascino, se di fascino s può parlare. L'importante è che dia soddisfazione a chi lo guarda, che lasci una traccia e che possa essere sempre ricordato.

L'epoca che predilige? L'egizia, dove un costume rimaneva uguale per 1000 anni o il Duemila, dove cambio ogni 1000 secondi?

Come ho già detto, amo ciò che dura nel tempo, ma non per questo disdegno i cambiamenti e le evoluzioni del costume. Posso ammirare diverse epoche nella storia e posso anche capire le rivoluzioni nell'abbigliamento che costellano il nostro entrare nel terzo millennio. Nella mia Alta Moda mi sono rifatto a diversi periodi, dal Rinascimento al Barocco, dal Costruttivismo russo alla Belle Epoque, mentre nel prêt-à-porter cerco di assecondare il gusto di una donna che veste la moda di tutti i giorni, che vive una vita frenetica e che, quindi, è costretta a continui cambiamenti.

La Sua “stella polare” che La guida verso l'eleganza assoluta? E ha mai pensato di vivere una favola?

La stella che mi guida verso l'eleganza assoluta è quella della coerenza, del buon gusto e della semplicità. Sicuramente a volte mi sembra di vivere in una favola, ma bisogna pensare che i momenti di gioia o di gloria che ho vissuto e che vivo sono frutto di un duro lavoro, di una continua applicazione e di una ricerca creativa che dura ormai da 40 anni. Quando le luci delle passerelle si spengono, quando è passato il bagliore delle mille luci che illuminano le mi feste, già il pensiero è rivolto ad una nuova creazione.

Crea liberamente o asseconda la volontà delle clienti?

Non si può sempre creare tenendo conto dei gusti e dei desideri di tutti. Sono uno spirito libero che inventa senza perdere di vista il fatto che gli abiti devono poi essere indossati. Sicuramente ascolto i pareri delle mie clienti, dei miei collaboratori, dei giornalisti e degli addetti al settore, ma non perdo mai di vista il mio stile. Voglio che questo sia riconoscibile, sempre.

Il segreto – o i segreti – del Suo successo?

Lavorare con discrezione, passo dopo passo, senza lasciarsi incasellare in uno stereotipo. Unire tradizione e modernità, sacro e profano, semplicità e raffinatezza.

Un abito che parla. Cosa dicono i Suoi?

Raccontano la mia vita, il mio modo di pensare, il mio modo di creare e dicono ad ogni donna “voglio farti bella”. Quello che ho sempre voluto è stato il riuscire a rendere bella ogni donna. E l'esserci riuscito nella maggior parte dei casi è stata una delle mie più grandi soddisfazioni.

Mai tentato di sussurrarsi “la moda sono io”?

No. Io sono “la mia moda” come ogni altro stilista o sarto rappresenta “la sua moda”. Non ho mai peccato di presunzione e non ho mai provato invidia per gli altri. Penso ci sia spazio per tanti stilisti e per tanti tipi di moda. L'importante è salvaguardare il buon gusto, la portabilità del prodotto e la sapienza tecnica.

Il colore preferito. E perché?

Il fucsia. Perché mi ricorda i miei anni parigini quando sono stato direttore artistico per la maison Balenciaga e perché mi dà gioia, rallegra i momenti tristi di una giornata e può dare a questi un tocco magico.

Quali traguardi indica il Suo lavoro: valorizzare se stessi, piacere, stupire, sedurre?

Tutti questi traguardi sono importanti, è importante piacere, non so se è più possibile stupire, è fondamentale sedurre.

Carlo Vittone


in su pagina precedente

 21 giugno 2003